Pensieri di Luigi Meneghello (1922-2007)
- di Redazione
- 21 dic 2016
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La scrittura è distillazione delle parole e meglio di tante ciacole, dice una buona pagina.
Disprezzo per la retorica della creatività, le lodi al creative work che produce le insipide favole di stagione. Ma la creatività esiste. Si crea, e come, intorno a noi. È tutto un generare continuo di forme nuove, perfino nelle cose più umili, nello sfaccendare in casa, nello sbattere di tacchi operosi, nei gridi dei giochi, nei ritmi dei motori a scoppio – e nel cogliere queste cose, e dirle.
Gli storici: che cosa ci vuole per fare uno storico? È una pretesa così radicale quella di sapere come sono andate veramente le cose…
Il sistema è orrendo, ma i suoi nemici sono così coglioni!
L’esperienza si atteggia così, per esempio in questa facciata di mattoni rossi, con una finestra, che dà su questo giardino. La realtà delle cose del mondo è, pare, quella che percepiamo con i sensi, una serie di avventure individuali. Le tende sono verde ramarro, scolorite; è domenica, c’è il sole, è settembre, è Manchester. Tenere fermo qualcosa. I giorni e le notti scorrono in gore profonde, ricolme di roba diversa, ricche come prodigiose casse di giocattoli vecchi in soffitta.
È straordinario il loro amore coniugale! Unico neo, che non sono coniugati.
«Oh, but this is wonderful». Questi apprezzamenti sono gentili, e anche giusti credo; ma per noi il paese non era né bello né brutto, era il nostro paese, e così anche il sito. Ci piaceva, ma non ci veniva in mente di dire che fosse bello.
L’uomo, nella sua versione maschile, si può considerare una struttura per sostenere i testicoli.
Ci sono due strati nella personalità di un uomo: sopra, le ferite superficiali, in italiano, in francese, in latino; sotto, le ferite antiche che rimarginandosi hanno fatto queste croste delle parole in dialetto. Quando se ne tocca una si sente sprigionarsi una reazione a catena, che è difficile spiegare a chi non ha il dialetto. C’è un nòcciolo indistruttibile di materia apprehended, presa coi tralci prensili dei sensi; la parola del dialetto è sempre incavicchiata alla realtà, per la ragione che è la cosa stessa, appercepita prima che imparassimo a ragionare, e non più sfumata in seguito dato che ci hanno insegnato a ragionare in un’altra lingua. Questo vale soprattutto per i nomi delle cose.
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