Pensieri di Enzo Biagi (1920-2007)
- di Redazione
- 19 dic 2016
- Tempo di lettura: 2 min

Sono un giornalista che ricorre, con una certa frequenza, alle citazioni, perché ho memoria e perché ho bisogno di appoggi: c’è qualcuno al mondo che la pensava, o la pensa, come me.
Quando sento dire che uno è considerato un innovatore perché decide di leggere il telegiornale in piedi, è come se ti chiedessero se scrivi con la biro o con la macchina, e quanto questo influisce.
I giornali sarebbero ansiogeni? Ma la Bibbia non comincia forse con un delitto?
Credo nella libertà di espressione, cioè giornali e televisioni liberi di criticare il potere.
Credo che la libertà sia uno dei beni che gli uomini dovrebbero apprezzare di più. La libertà è come la poesia: non deve avere aggettivi, è libertà.
Dopo tre apparizioni in video, qualunque coglione viene intervistato, dice la sua e anche quella degli altri.
Il bello della democrazia è proprio questo: tutti possono parlare, ma non occorre ascoltare.
La democrazia è fragile, e a piantarci sopra troppe bandiere si sgretola.
Può un Paese sopravvivere a dei governanti inquisiti?
Nella storia dell’umanità non cala mai il sipario. Se solo ci si potesse allontanare dal teatro prima della fine dello spettacolo.
La società è permissiva nelle cose che non costano nulla.
L’uomo, qualche volta, è come le scimmie: ha il gusto dell’imitazione.
Le verità che contano, i grandi principi, alla fine, restano sempre due o tre. Sono quelli che ti ha insegnato tua madre da bambino.
Siamo tutti fratelli, ma è difficile stabilire chi è Caino e chi Abele.
Qualche volta è scomodo sentirsi fratelli, ma è grave considerarsi figli unici.
Sono un uomo con i limiti della mia generazione. Ma non ho mai detto quello che non volevo dire, anche se non ho detto sempre quello che volevo dire.
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